
Dal 2004, svolgo attività clinica in qualità di psichiatra e psicoterapeuta in contesti pubblici e privati. Negli ultimi anni, mi sono dedicato alla costituzione di una metodologia di presa in carico e cura dei pazienti, incentrata su: a. accuratezza delle procedure diagnostiche; b. programmazione condivisa dei trattamenti, caratterizzata da obiettivi e metodi di lavoro chiari ad ambo le parti (paziente, terapeuta); c. stimolo costante alla partecipazione attiva dei pazienti nell’ambito dei trattamenti; d. verifica ricorrente dei risultati del trattamento, in condivisione con i diretti interessati (pazienti); e. focus dei trattamenti sulla promozione/sviluppo delle risorse affettive, cognitive e adattive dell’individuo, mediante l’impiego di un insieme di metodologie tra le quali spicca un lavoro esplorativo/interpretativo dei sogni di natura collaborativa.
Nel mio piccolo, inoltre, cerco di svolgere una divulgazione sulle modalità con cui si svolge la nostra professione e delle novità provenienti dal mondo della ricerca.
Alcune precisazioni
Come avviene la diagnosi e l‘inquadramento della personalità del paziente: 1. colloqui clinici: valutazione dello stato mentale del paziente, delle sue modalità interattive con l’esaminatore, della chiarezza e complessità della richiesta di cura; 2. ricostruzione anamnestica (ricostruzione dell’andamento dei disturbi e della storia dello sviluppo psichico dell’individuo); 3. Assessment (valutazione): insieme di procedure e test psicologici finalizzati a chiarire: a. natura del problema; b. triggers (fattori d’innesco) del problema, ovvero, fattori incidenti nella genesi, mantenimento e sollievo dal problema; d. personalità del soggetto che manifesta il problema, in termini di risorse, vulnerabilità, capacità collaborative; e. rapporti tra personalità e propensione/resistenze al cambiamento, nonché della predisposizione alle ricadute; f. motivazioni alla base della parzialità dei successi o dei fallimenti nei precedenti tentativi di cura; g. capacità di elencare una serie di potenziali obiettivi del trattamento che vadano al di là del semplice contenimento del disagio emotivo (“avere meno ansia, sentirsi meno tristi, ridurre la conflittualità con il partner, etc.”)
La programmazione del trattamento: inizia alla fine del percorso di assessment e si fonda principalmente su due aspetti: 1.la capacità di paziente e terapeuta di esplicitare una lista di obiettivi di crescita interna dell’individuo; 2. Identificazione degli ostacoli e delle opportunità preventivabili a inizio percorso in base alla diagnosi formale raggiunta, alla descrizione della personalità del paziente, alla conoscenza dei suoi fattori di stress e delle risorse ambientali disponibili, ai successi e fallimenti delle relazioni terapeutiche precedenti.
Partecipazione attiva dei pazienti : che sia un trattamento psicoterapico, psicofarmacologico o combinato, il concetto non cambia: il successo dei trattamenti è strettamente vincolato alla capacità del pazienti di partecipare proattivamente e con coerenza al processo di cura (ad esempio, mediante l’aderenza ai trattamenti e la partecipazione attiva ai compiti suggeriti tra una seduta e un’altra). La psicofarmacoterapia e la psicoterapia non sono trattamenti che possono essere assimilati passivamente; al contrario, essi richiedono un impegno extraseduta costante (ad esempio, mediante la modificazione degli stili di vita, la messa in opera di comportamenti adattivi alternativi, “test di realtà” e la compilazione di diari) che comporta un certo livello di investimento in termini di tempo, energie e tolleranza al disagio insito nel cambiamento dei propri schemi abituali.
Verifica ricorrente dei risultati del trattamento: in corso d’opera, a distanza di 3, 6 o 12 mesi, in base alle necessità, la qualità del lavoro deve essere verificata mediante una nuova somministrazione dei test psicodiagnostici somministrati nelle fasi iniziali del trattamento e di interviste strutturate (ossia, insiemi di domande preordinate che avvengono secondo una sequenza precisa) che vadano a indagare su un piano personale, qualitativo e quantitativo, l’impatto delle cure. Tali procedure ci guidano nella risposta a domande apparentemente semplici, ma richiedenti risposte articolate del tipo: ” quanto beneficio hai ottenuto sin qui su un piano sintomatologico?”, “cosa sta mancando e perché?, “come differenziamo gli effetti connessi dall’impiego eventuale dei farmaci dagli effetti connessi strettamente all’attività psicoterapeutica?”. Idealmente, ogni trattamento psicofarmacologico, psicoterapeutico o integrato dovrebbe risultare documentabile in merito alla riduzione del disagio psicologico soggettivamente percepito e all’accrescimento della maturità psicologica (sviluppo della personalità) del soggetto. Le valutazioni in itinere, inoltre, dovrebbero anche fornire indicazioni su come ridefinire il prosieguo della terapia, al fine di conseguire un risultato più pieno e stabile.
Focus dei trattamenti sulla promozione/sviluppo delle risorse affettive, cognitive e adattive dell’individuo. Aiutare una persona a superare le proprie difficoltà psicologiche non dovrebbe semplicemente limitarsi a farla star meglio sul piano della riduzione temporanea dell’ansia, del controllo degli impulsi rabbiosi, della depressione o dell’insonnia e di altri sintomi. Fluttuazioni nella sintomatologia potrebbero persino avvenire spontaneamente. Ciò che si richiede ad trattamento psicoterapico moderno è di favorire lo sviluppo di una serie di competenze psicologiche rivolte all’adattamento e alla crescita dell’individuo. Uno degli obiettivi principali consiste piuttosto nell’insegnare a comprendere meglio il proprio mondo emotivo, maturando la capacità di rispondere ad una serie di domande, del tipo: “cosa sto provando in questo preciso momento?”, ” cosa mi sta portando a provare questo?”, “come posso affrontare queste emozioni difficili per tentare di sentirmi meglio e imparare qualcosa di nuovo su me stesso o sul mio ambiente”; “come posso affrontare le situazioni che mi stanno affliggendo in modi più funzionali?”; “quali sono i nessi tra questi stati emotivi e le mie paure/ esigenze / aspirazioni di fondo?”; “quali sono le interazioni reciproche tra i miei stati emotivi e il mio modo di riflettere sulle esperienze passate e presenti?”; “quali sono i rapporti tra le mie motivazioni, emozioni, sentimenti, pensieri, da una parte, ed i miei modi tipici di reagire e comportarmi nei diversi contesti, dall’altra?”.; “perché nei rapporti con gli altri tende ad andare sempre in un determinato modo?”.
Lo sviluppo di queste capacità consente di rispondere in modi efficienti e articolati a queste domande determinando una maggiore competenza nella regolazione dello stress, nel confronto con i problemi principali, nell’evitamento preventivo di situazioni di stress (quelle che sarebbe futile o troppo dispendioso affrontare). Esso, inoltre, potrebbe rendere la propria vita più affascinante, appagante e densa di senso. Lo sviluppo psicologico dell’individuo, in sostanza, fonda la capacità di vivere con un maggior grado di soddisfazione di sé, dei rapporti con gli altri e rinnova la capacità di affrontare i momenti di difficoltà in modi più creativi ed evoluti, rendendo meno probabile che lo stress pregiudichi l’autostima, la qualità della vita emotiva e l’equilibrio psichico personale e interpersonale.
In poche parole, alcuni farmaci o tecniche psicoterapeutiche sono efficaci nel ridurre sul breve termine una serie di difficoltà emotive; la psicoterapia fondata sullo sviluppo delle competenze migliora la resistenza futura a fattori di stress, apre al confronto costruttivo con le sfide, aiuta a riprendersi dai fallimenti e ridimensiona le ricadute psicologiche dinnanzi a situazioni che abbiano avuto un esito sfavorevole. Lo sviluppo del funzionamento mentale potenzia, inoltre, la probabilità di conseguire i propri obiettivi esistenziali (purché siano realistici). Una psicoterapia ben condotta, in sostanza, non soltanto riduce nell’immediato gli indici di sofferenza mentale, ma, soprattutto, attenua le conseguenze protratte dei fattori di stress (complicanze) e riduce la probabilità di ricadute future anche a lungo termine, arrivando a favorire la realizzazione di sé in senso più ampio.
Quando vi proponente di affrontare con un professionista un problema personale o interpersonale, tentate di osservare le vostre difficoltà da una duplice prospettiva: a. “cosa posso fare per star meglio entro qualche settimana?”; b. “cosa posso fare per imparare dalle esperienze negative che mi hanno portato a star male, per evitare di ricaderci in futuro e trovare la strada per esprimere più a fondo le mie potenzialità, rinnovando la mia ricerca di senso, significato e libertà esistenziale?”
I percorsi terapeutici vanno monitorati in termini di efficacia?
Assolutamente sì. Che avvengano in un ambito clinico (di cura) o in percorsi inseriti in contesti di ricerca, il momento della valutazione d’impatto non dovrebbe mai essere omesso. Una serie di test psicologici e scale di valutazione somministrate a inizio trattamento e, successivamente, a intervalli ricorrenti sono mirati a stimare, il più obiettivamente possibile, l’efficacia delle cure. Inoltre, con la finalità di rendere più trasparenti i percorsi e di rifinire la consapevolezza degli orizzonti della cura, i risultati andrebbero condivisi e ampiamente illustrati ai diretti interessati. Oltre a ciò, sarebbe importante che anche le competenze psicologiche che favoriscono l’adattamento e lo sviluppo dell’individuo siano sottoposte a valutazioni ricorrenti soprattutto per rispondere agli interrogativi sulla persistenza dei risultati a lungo termine, sulle capacità autonome dell’individuo d’interfacciarsi in futuro con sfide altamente probanti, nonché sulla possibilità di realizzare se stessi in una serie di ambiti chiave per la salute mentale, quali: scuola/lavoro, qualità dei rapporti affettivi, realizzazione sessuale, qualità del tempo libero e dei rapporti sociali, etc.
Riassumendo
La cura dovrebbe essere fondata su una conoscenza accurata delle problematiche dell’individuo (vissuti soggettivi, sintomi), delle condizioni ambientali in cui (e dalle quali) esse tendono ad emergere e della personalità dell’individuo (insieme di risorse e vulnerabilità insite nel proprio assetto caratteriale e nella propria organizzazione mentale di fondo). La diagnosi (dei problemi emergenti e dell’organizzazione di personalità) ha senso nella misura in cui essa sia in grado di illustrare il piano di trattamento e consentirne un monitoraggio constante e un riadattamento progressivo.
L’impatto del trattamento non può essere valutato considerando come unico criterio quello della riduzione del disagio soggettivamente percepito, ma anche e soprattutto attraverso la verifica dello sviluppo di quelle competenze psicologiche che hanno un ruolo chiave nella conservazione della salute mentale a lungo termine, tra le quali spiccano: a) capacità di percepire, riflettere e modulare la propria esperienza interna (impulsi, motivazioni, pensieri, emozioni, modi di reagire agli eventi); b) sviluppo costante delle proprie potenzialità anche in virtù dell’attenuazione di quei processi psichici disfunzionali, insiti nel proprio assetto di personalità, che abitualmente ne reprimono l’espressione; c) capacità di cogliere gli stati mentali delle persone vicine e comprenderne la personalità generale; d) capacità di negoziare costruttivamente tra le proprie esigenze, preferenze, intenzioni e quelle delle persone con cui si ha a che fare; e) capacità di affrontare con consapevolezza e flessibilità le sfide, le opportunità e i problemi.
Per tutte le ragioni sovraesposte e per una migliore persistenza dei risultati terapeutici, non prendo in carico pazienti attraverso trattamenti esclusivamente psicofarmacologici. Nel caso di trattamenti combinati psicoterapeutici/psicofarmacologici, la psicoterapia viene condotta direttamente da me o, in alternativa, da uno psicologo / psicoterapeuta esterno.
L’efficacia dei trattamenti dipende in maniera preponderante dalla motivazione al cambiamento del paziente e dalla sua capacità di partecipare in modi proattivi al percorso, tollerando la fatica ed il disagio insito in ogni processo di evoluzione personale.
I risultati, infine, dovrebbero essere verificati a intervalli regolari sia per quanto concerne il sollievo sintomatologico sia sul piano dello sviluppo di competenze mentali adattive dell’individuo
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