La conduzione delle visite di controllo di pazienti affetti da depressione presenta numerosi elementi di complessità. In un tempo relativamente breve (in genere, troppo breve), è necessario monitorare l’andamento di numerose variabili: sintomi, effetti collaterali dei farmaci, livello di aderenza al trattamento prescritto, problematiche fisiche intercorrenti, altre problematiche psicologiche e psichiatriche emergenti o sfuggite nel corso della prima valutazione, eventuali pensieri o piani anticonservativi, andamento di fattori di stress psicosociali, qualità delle relazioni interpersonali, qualità della relazione terapeutica, ecc. I provvedimenti da prendere e le soluzioni da consigliare rappresentano un ambito non meno variegato e intricato. Negli ultimi minuti di una visita di controllo, uno psichiatra è chiamato a: confermare o modificare il regime psicofarmacologico in corso, istruire il paziente circa il disturbo da cui è affetto, discutere l’eventualità di integrare il trattamento farmacologico con una psicoterapia, scrivere in modo comprensibile ed esaustivo la propria prescrizione, consigliare esami diagnostici, concordare la strategia di follow-up (cadenza future visite, contatti telefonici, eventuale presenza di familiari o amici nel corso delle prossime visite, ecc.).
L’ipotesi che tutto ciò sia praticabile in pochi minuti e senza l’ausilio di strumenti appropriati (scale cliniche standardizzate, test, interviste strutturate) appare più il frutto di un’idealizzazione molto fantasiosa delle capacità valutative e comunicative dello specialista (e delle capacità collaborative dei pazienti), piuttosto che un atteggiamento mentale suggerito dai dati di realtà.
Il problema dell’aderenza ai trattamenti
A proposito dell’efficacia e della verifica dei trattamenti psichiatrici, non può essere trascurata una delle note più dolenti: il grado di aderenza alle prescrizioni. Si stima che circa il 50% dei pazienti non assuma correttamente gli antidepressivi prescritti (Sansone RA et al., 2012). Tra i fattori responsabili di una compliance (o aderenza) incompleta, vanno annoverati i problemi di comunicazione tra specialista e paziente, lo scarso investimento sul miglioramento della relazione terapeutica, le insufficienti informazioni fornite al paziente in merito alla diagnosi e al trattamento, la mancata discussione dei vissuti e delle resistenze psicologiche del paziente nei confronti dei farmaci e della diagnosi.
Non di rado, poi, lo specialista non viene informato dei problemi di compliance, né delle perplessità del paziente in merito ai disturbi di cui soffre o al trattamento che sta ricevendo. Molti persone affette da depressione o da altre forme di disagio psichico, infatti, ricorrono compulsivamente (e disordinatamente) al web per risolvere dubbi su diagnosi e terapia o comunicano le proprie perplessità ad amici, parenti, forum online, mancando di farlo proprio allo specialista di riferimento. Tutto ciò, com’è facilmente intuibile, incrementa notevolmente il disorientamento dei pazienti ed il tasso d’insuccesso dei trattamenti, specie a medio e lungo termine.
Migliorare l’efficacia delle visite di controllo
Le strategie di verifica dei trattamenti comunemente impiegate in ambito pubblico e privato dovrebbero, pertanto, essere riviste e integrate. Alcuni provvedimenti sono potenzialmente in grado di migliorare l’accuratezza delle valutazioni: a) dedicare maggior tempo al colloquio clinico; b) effettuare un follow-up delle ipotesi diagnostiche effettuate nella prima visita, definendo la diagnosi principale e la presenza di disturbi in comorbidità, secondo criteri diagnostici scientificamente validati; c) sollecitare il paziente a discutere apertamente con il clinico tutti i suoi dubbi e gli elementi d’insoddisfazione; d) impiegare in modo ricorrente scale cliniche di valutazione (dedicate a sintomi, effetti collaterali, grado di aderenza, ecc.) e test psicometrici come suggerito dalle linee guida dell’APA (American Psychiatric Association) (vedi anche Trivedi MH et al., 2007); e) investire sul miglioramento della relazione medico-paziente; f) approfondire la formazione psicoterapeutica dello specialista psichiatra; g) migliorare la comunicazione tra psichiatra ed altri professionisti coinvolti nella cura (psicoterapeuta, medico di base, altri specialisti, ecc.); h) favorire il coinvolgimento di familiari e conoscenti nel setting terapeutico; i) considerare le preferenze del paziente rispetto al trattamento; l) psicoeducare il paziente sui suoi problemi e sui trattamenti, non trascurando di offrire materiale informativo ad hoc (vedi, ad esempio, il “Depression Management Tool Kit” della MacArthur’s Foundation del 2009, pp 22-29); m) se necessario, non esitare a richiedere la supervisione clinica da parte colleghi autorevoli o maggiormente competenti sul caso in questione.
In ultimo, non certo in ordine d’importanza, dovrebbe essere suggerita con maggiore frequenza l’integrazione con trattamenti psicoterapeutici. Numerosi dati scientifici sanciscono, infatti, la superiorità delle terapie combinate (psicofarmaci-psicoterapia) (vedi, ad esempio, Pampallona S et al., 2004; de Maat SM et al., 2007) in termini di efficacia e di riduzione del tasso di ricaduta. A questo proposito, è sempre il caso di ricordare che la condizione necessaria per l’efficacia dell’integrazione tra farmaci e psicoterapia è la qualità ottimale della comunicazione tra professionisti e la loro capacità di collaborare in assenza di dinamiche competitive.
Bibliografia
de Maat SM, Dekker J, Schoevers RA, de Jonghe F. Relative efficacy of psychotherapy and combined therapy in the treatment of depression: a meta-analysis. Eur Psychiatry. 2007 Jan;22(1):1-8. Epub 2006 Dec 27.
MacArthur’s Foundation “Depression Management Tool Kit”, 2009; web source: http://www.depression-primarycare.org/clinicians/toolkits/materials/
Pampallona S, Bollini P, Tibaldi G, Kupelnick B, Munizza C. Combined pharmacotherapy and psychological treatment for depression: a systematic review. Arch Gen Psychiatry. 2004 Jul;61(7):714-9.
Sansone RA, Sansone LA Antidepressant Adherence: Are Patients Taking Their Medications? Innov Clin Neurosci. 2012 May-Jun; 9(5-6): 41–46.
Trivedi MH, Daly EJ. Measurement-Based Care for Refractory Depression: A Clinical Decision Support Model for Clinical Research and Practice. Drug Alcohol Depend. 2007 May; 88(Suppl 2): S61–S71.
Trivedi MH et al. Maximizing the Adequacy of Medication Treatment in Controlled Trials and Clinical Practice: STAR*D Measurement-Based Care. Neuropsychopharmacology (2007) 32, 2479–2489